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_______________________________________________________________________ Novum organum: potenza persona intuizione Rocco Ronchi Anche la nostra epoca ha i suoi enunciati dogmatici: sono i binari sui quali corre il treno dello “spirito del mondo”. Articolano una fede condivisa che trascende la differenza tra il credere o il non credere in un qualche Dio rivelato perché concerne l'“ultimo Dio”, il Dio in cui tutti i moderni credono, atei o devoti che siano. Il Dio che non è lecito per noi bestemmiare è la contingenza radicale dell’ente. A sua immagine e somiglianza è poi fatto l’uomo come “essere del possibile” e “attualità della mancanza” dell’antropologia filosofica mainstream. Il “canone maggiore” della filosofia è fondato, in ultima analisi, sul grande e venerato principio secondo il quale, come scrisse Heidegger, il possibile dimora molto più in alto del meramente effettivo. Per contestare questo verdetto bisogna allora tracciare la controstoria della dynamis, quella che ha inizio con i grandi esclusi della filosofia ufficiale, I Megarici, mostrando la persistenza segreta del megarismo tutte le volte che l’immanenza è stata assunta come filo conduttore e l’esperienza è stata elevata ad assoluto. Tacciata ingiustamente di determinismo, l’“equazione megarica” permette di ripensare in senso non esistenziale la nozione di “persona” e di proporre come suo fondamento l’“intuizione intellettuale” “punto fermo di ogni filosofia” (Fichte). Non sarà infatti certo una rappresentazione, non sarà una riflessione, a produrre l’ipse, quanto piuttosto una intuizione generatrice, un atto puro desostanzializzato, che si situa, proprio come volevano i filosofi “megarici” dell’immanenza assoluta (da Plotino a a Deleuze, passando per Cusano, Bruno, Bergson, Gentile), prima del simbolico nel cuore “intensivo” del reale. --- Organologia e tecnologia, una questione di velocità Federico Leoni Una delle osservazioni più affascinanti che la biologia dell'ultimo secolo abbia realizzato riguarda la formazione di certi organi momentanei in quell'organismo unicellulare che è l'ameba. Dato influentissimo anche nella filosofia dell'ultimo secolo, può essere il punto di partenza per un'indagine radicale sia sul concetto di organo sia sul concetto di organismo. Al fondo dell'intera questione, potremmo isolare una domanda così semplice da suonare comica. Sono momentanei rispetto a chi o a che cosa, gli organi dell'ameba? Tutta un'organologia, e forse tutta una filosofia della tecnica o una tecnologia, dipendono da questa strano e quasi inevitabile giudizio circa la momentaneità della bocca o dello stomaco dell'ameba. Giudizio il cui presupposto non è forse costituito da nient'altro che dalla tempistica dell'osservazione, dalle abitudini del biologo che avvicina l'occhio al microscopio, e magari dalla lentezza estenuante con cui procedono le ricerche nel chiuso del suo laboratorio. Che posto ha il ritmo dell'osservazione nel definire lo statuto della cosa osservata? E l'idea che qualcosa sia un organo, oppure un organismo di cui quell'organo sarebbe appunto un organo, non dipende anche questa dal modo in cui un certo ritmo ne assume un altro come proprio oggetto? --- Per un corpo senza organi – antispecismo e divenire animale Massimo Filippi La struttura sociale attualmente egemonica è regolata da dicotomie gerarchizzanti (uomo/donna, bianco/non-bianco, etero/omo ecc.). La prestazione principale di queste dicotomie è quella di universalizzare il primo termine, materializzandolo come incorporeo, e di animalizzare il secondo, smaterializzandolo per mezzo di iper-somatizzazioni. Il bianco o l’etero, insomma, è l’Uomo propriamente detto che si dà consistenza escludendo (tramite appropriazione) e appropriandosi (tramite esclusione) di quanto fa ricadere, come soma animale, ai margini del suo “proprio”. A ben guardare, quindi, in questa serie di operazioni classificanti e disciplinanti, ciò che è stato per lungo tempo forcluso è la dicotomia umano/animale. --- Tendere, estendere, intendere: l’organologia in tre atti. Alessandra Campo, Emanuele Clarizio, Daniele Poccia [Clarizio] Canguilhem impiega il termine “organologia” in due sensi che si implicano e condizionano vicendevolmente: ontologico e epistemologico. È perché la vita è attività normativa e organogena che possiamo conoscere l’organismo per analogia con la macchina (Cartesio) e viceversa (Simondon). Di conseguenza, se da un punto di vista genetico l’ontologia vitalista fonda l’epistemologia biologica e tecnica, da un punto di vista logico è piuttosto vero il contrario: è l’organologia come forma di pensiero analogica – paradigma della conoscenza in generale – che permette di istituire la continuità della tecnica con la vita. [Poccia]Una riflessione sulle tecnologie del concetto non può esimersi dal mettere a punto il ruolo dell'immaginazione, da intendersi sia come luogo per la produzione di schemi nel senso kantiano di “regole per formare immagini”, sia come paradossale “facoltà senza organo” (Canguilhem), ovvero quale organo dalle molteplici facoltà. In quest'ottica, è la stessa filosofia a riconoscersi un’agentività specifica, da riferirsi a un certo uso delle tecnologie e, in particolare, a quella tecnologia sui generis che è la città: la logica del dissenso che vi emerge in modo imprevedibile riassume infatti i tre atti, o momenti, dell’organologia. [Campo] Questi, significativamente, sono anche i tre atti dell’organizzazione dell’anima, ossia i tre atti con cui l’anima, o coscienza, fa quel che è. L’anima, non é né un ente, né una sostanza, ma una forma formans che, alla luce delle filosofie organiche di Leibniz, Bergson, Whitehead e Ruyer, è da pensarsi, insieme, come un punto di vista e un punto di vita. Dunque neppure come un dentro. Novum è l’organon che prende sul serio l’estensione dello psichico (esteso non significa esterno) traendo tutte le conseguenze dal fatto che lo psichico non sia localizzabile semplicemente: la coscienza non si trova perché è ciò con cui (la) si cerca. --- “Alcuni motivi per una naturalizzazione dell’estetico: organizzazione operativa e qualità aspettuale dell’organismo” Giovanni Matteucci L’intervento prenderà anzitutto spunto dalle riflessioni che Dewey svolge in Esperienza e natura relativamente alla descrizione del vivente. Gli ordini che solitamente vengono considerati come diversi strati sovrapposti che condurrebbero dal materiale all’organico e dall’organico al sensibile, vengono qui presentati come capacità operative di compaginazione immanente, da un lato, e come aspettualità in cui variamente si manifesta una corrispondenza transazionale, dall’altro. L’ipotesi che si proverà a vagliare è come una tale combinazione di operatività e aspettualità possa fornire spunti utili per una descrizione dell’estetico capace di dare rilievo a una certa idea di “organicità naturale” che salvaguarda l’espressività della configurazione senza scadere in un canone organicistico. Si cercherà quindi di approfondire in che senso alla luce di tale paradigma diventa possibile accogliere l’istanza di una naturalizzazione dell’estetico evitandone forme tanto diffuse quanto equivoche. --- Paolo Vignola L'organologia, intesa da Bernard Stiegler come prospettiva analitico critica di ricognizione dei rapporti tra organi artificiali, organi psicofisiologici e organizzazioni sociali, rappresenta al tempo stesso una prosecuzione delle analisi di Georges Canguilhem (a loro volta debitrici di Bergson), sul rapporto tra ambienti, esseri viventi e tecniche, e una loro radicalizzazione tecno-logica. Pur trattandosi appunto anche di una radicalizzazione, il cui obiettivo è giungere a pensare la tecnica nella sua propria individuazione - che sarebbe "il rimosso o l'impensato della filosofia” - come compartecipante alla costituzione dei fini dell'uomo, l'organologia stiegleriana ha il compito, tra gli altri, di evitare il rischio di determinismo tecnologico intrinseco in alcuni concetti del filosofo (ritenzione terziaria, epoqué tecnologica, pharmakon, ecc.). Se è pur vero che il cuore relazionale delle tre tipologie di organi è la ritenzione terziaria, ossia la memoria tecnicamente esteriorizzata, quale organo artificiale, l'attenzione maggiore di Stiegler è rivolta all'esito generale di tale relazione, ossia la produzione di saperi (pratici, esistenziali e giuridici, teorici e scientifici), di istituzioni sociali e di singolarità noetiche, ossia di pensiero, tanto teoretico quanto politico.
bio Alessandra Campo (Roma) è assegnista di ricerca in filosofia presso l’Università degli Studi dell’Acquila e membro del Centro di Psicoanalisi e Filosofia Après-Coup presso la stessa università. Da diversi anni si occupa dei rapporti tra filosofia e psicoanalisi con particolare riguardo alle implicazioni metafisiche e cosmologiche della teoria freudiano-lacaniana (Bergson, Whitehead, Deleuze). Ha curato il volume "L’Uno perverso. L’uno senza l’altro: una perversione?" (L’Aquila, 2018). Ha pubblicato con Mimesis (2018) "Tardività. Freud dopo Lacan" e con Aesthetica Edizioni (2020) "Fantasma e sensazione. Lacan con Kant" Emanuele Clarizio è Maître de Conférences nel laboratorio Ethics dell’Université Catholique de Lille, dove si occupa di filosofia della tecnica con approcci sia teoretici che empirici. È autore di un libro sulla filosofia biologica della tecnica (La vie technique, Hermann, 2021) e ha svolto per diversi anni ricerche sul tema delle biobanche. Daniele Poccia (L’Aquila, 1983), ricercatore indipendente, ha conseguito il dottorato di ricerca in filosofia (l'Università del Salento/La Sorbonne Paris IV) ed è stato titolare di due assegni di ricerca presso il Dipartimento di Scienze Umane dell'Aquila. La sua ricerca, a cavallo tra estetica, filosofia della scienza e filosofia politica, verte sui problemi – dall’impatto della digitalizzazione alle trasformazioni della città – tipici della contemporaneità, come su alcune questioni generali dell’epistemologia della biologia e della tecnologia, nei loro reciproci rapporti. Ha tradotto Henri Bergson (Sul segno, Textus 2011), curato due antologie di testi rispettivamente di Raymond Ruyer (La superficie assoluta, Textus, 2017) e di Louis Weber (Il ritmo dell’immanenza, Mimesis 2022) e il corso su L'idea di tempo (Textus 2024), sempre di Bergson. Ha partecipato alla redazione del volume Immanenza: una mappa (a cura di R. Ronchi e R. Panattoni, Mimesis 2019) e contributo al progetto Storia di un albero - History of a tree (Silvana Editoriale, 2020), di Flatform. È membro del collettivo di ricerca interdisciplinare CCCC (Cybernetics, Chaos, Catastrophe, Complexity). Da tanti anni partecipa alle attività del comitato post-sisma ‘3e32’, nella sua città natale. Ha scritto per Doppiozero, Le parole e le cose e Dinamopress. Massimo Filippi è Professore ordinario presso L’università San Raffaele di Milano, insegna neuroscienze e neurofenomenologia. Teorico e militante antispecista, è autore di diversi libri e articoli in cui declina la questione animale da un punto di vista politico. Recentemente ha curato con Giovanni Leghissa, un numero monografico di aut aut (401) dal titolo La filosofia davanti al massacro degli animali.
Riccardo Manzotti è attualmente professore ordinario di filosofia teoretica alla IULM di Milano. Di formazione bioingegnere e filosofo, ha conseguito il PhD in Robotica all’Università di Genova. Ha lavorato all’MIT (Boston), alla UAEU (Dubai) e al KAIST (Corea del sud). Ha pubblicato decine di articoli scientifici e filosofici. Si è sempre occupato di coscienza e di intelligenza artificiale, oltre che dell’ontologia e del rapporto tra media, arte, tecnologia e società. Ha recentemente pubblicato «La mente allargata: Perché la coscienza e il mondo sono la stessa cosa» (Il Saggiatore, 2019). Sta per pubblicare «IO e IA: Coscienza, Cervello e Intelligenza Artificiale» insieme al neuroscienziato Simone Rossi (Rubbettino, 2023). Giovanni Matteucci insegna Estetica all’Università di Bologna. La sua ricerca riguarda il nesso tra prassi percettiva, processi formativi e pratiche espressive nel campo relazionale esteso del sensibile. È autore di numerosi saggi e diversi volumi, tra i quali: Il sapere estetico come prassi antropologica (2010), L’artificio estetico (2012), Il sensibile rimosso (2015), Estetica e natura umana (2019). Ha curato l’edizione italiana di classici del pensiero contemporaneo tedesco (Dilthey, Cassirer, Adorno, Fink) e anglo-americano (Dewey, Langer, Wollheim, Berleant), oltre a volumi collettanei su vari aspetti del dibattito attuale in ambito estetico. Dirige la rivista “Studi di estetica”. Rocco Ronchi è docente di Filosofia teoretica presso l’Università degli Studi di L’Aquila. Insegna filosofia presso l’IRPA (Istituto di ricerca di psicanalisi applicata) di Milano. Dirige la scuola di filosofia Praxis (Forlì) e le collane di filosofia “Filosofia al presente” della Textus edizioni di L’Aquila e “Canone minore” della Mimesis edizioni di Milano.
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